Descrizione
La Chiesa di S. Maria Maggiore col nome di Chiesa di S. Maria La Magna si attesta come la più antica di Policastro, già attiva nel 1418 come compare nel Russo F. (Regesto, 9420), mentre nel 1455 quella di S. Nicola de Plateis (Regesto, 11380) e nel 1468 quella di S. Nicola de Grecis (Reg. Lat. Ff. 136-137v, ASV). Tutte citazioni del Rende.
È citata come chiesa di una certa importanza già nel 1721.
Sorge infatti sul lato orientale di quella che fu la citta medievale dell’antica Polycastron bizantina. Tuttora è volgarmente detta Santa Maranna. Ed ecco quanto ne riporta la Cronaca del Mannarino: “Alla parte poi più suprema, e Boreale principia la chiesa Parrocchiale di Santa Maria la Magna, contraddistinta da quella di Santa Maria Piccola, di cui non si sa preciso il luogo, ma ben la credo aggregata a questa medesima, insieme con l’altra sua convicina di Santa Maria dell’Oliva, dove io mi ricordo la messa, ed ora, prob dolor, domus Dei stabulum est (ed ora, che dolore, la casa di Dio è destinata a stalla). Così parimenti le due restanti Parrocchie suppresse di San Demetrio, e di Santa Maria la Nuova
La prima testimonianza relativa alla esistenza della chiesa parrocchiale di Santa Maria “Magnae” risale al periodo angioino, quando risulta che, il 21 aprile 1418, il presbitero Spirito Brunecto fu provvito del beneficio corrispondente, vacante per la morte del precedente rettore Antonio Veca.
Le notizie che si riferiscono alle provviste successive annotate nei regesti vaticani, evidenziano, come risulta anche per altre chiese del luogo, che la sua rendita fu spesso oggetto di scambio attraverso il passaggio di mano tra clerici compiacenti.
META' DEL CINQUECENTO
Risale a questo periodo una prima descrizione della chiesa quando, il 9 di giugno del 1559, il cantore della chiesa di Mileto Giovanni Tommaso Cerasia, vicario dell’arcivescovo di Santa Severina Giovanni Battista Ursini, visitò la chiesa parrocchiale di “s.ta Maria magna”, ovvero di “s.tae Mariae de la grande”, di cui era cappellano D. Martino Accetta, dopo essere passato da quella di Santa Maria degli Angeli e prima di giungere a Santa Maria dell’Olivella.
La parrocchiale aveva l’altare maggiore di fabbrica con tre tovaglie, un “Coperm.to” di tela dipinto “Cum imagine glo(rio)siss.ae virginis et duorum sanct.run Circum”, e due “mandilia” che nel mezzo, recavano la “imago beatiss.ae et glo(rio)siss.ae virginis Mariae” sopra una tela vecchissima.
In un’arca furono rinvenuti: tre vestimenti completi, di cui uno con una casula di seta di diversi colori vecchissima, un messale, un altro messale in pergamena, un calice con patena di argento dorato, una cappa di seta rossa vecchissima, tre “plumacios” di tela, quarantadue tovaglie nuove e diverse vecchie, tre “planetas” di tela, un “Coperim.tum” di altare vecchio, un “Cuscinum plenum ammictis”, stole e “manipolis” vecchi e laceri, un altro cuscino con sei “spalleriis” e due “lintheamina” di tela. In un’altra arca vecchia furono rinvenuti tre altri “spallerii” ed una “Crucem ligneam Cum pomo de rame”.
All’interno della chiesa fu trovato anche un “Confalonum” di tela colorata con figure dipinte vecchissime. “In medio ecc.ae” era posta una “imago Crucifixi de relevo” con intorno un “Coperim.to” nero, e vi erano alcuni “Scanna” per sedersi. Sotto il crocefisso si trovava appesa una “lampas” per l’altare maggiore.
La chiesa aveva due campane ed un campanello. Il fonte battesimale era vecchissimo e privo di acqua.
RUOLO SOCIALE
Nel 1687 contava 712 anime (Sisca), quindi non solo si configura come la più vetusta, ma anche quella che doveva contare ab antiquo il maggior numero di parrocchiani. Vi gravitavano infatti le chiese già citate dal Mannarino. È un tempio a una navata semplice e timpano a due spioventi. Recenti lavori di manutenzione ed aspetti moderni caratterizzano l’esterno di questo edificio.
ARTE
Il portale reca, scritto nel sott’arco: “F.L.F. 1834”. Interno con altare in finto marmo e soffitto con Agnello mistico col vessillo e il libro dipinto a muro. Finestre con sguancio ad unghia. I sedili del coro sono semplici con qualche concessione allo stile neoclassico. Il 9 marzo 1820, il notaro Francesco Antonio Nicotera del fu Saverio, domiciliante in Policastro, estraeva una copia su cui imprimeva il segno del suo “Tabellionato”, dal suo proprio originale esistente tra gli atti dal notaro Marcello Martino di Policastro, che si conservava presso il notaro Pietro Rossi. Da questa copia apprendiamo che, il 7 aprile 1750, XIII.a indizione, in Policastro, si costituiva Silvestro Berardi che asseriva di voler fondare nella cappella di Sant’Antonio Abbate, costruita dentro la venerabile chiesa parrocchiale di S.ta Maria la Magna, un semplice beneficio di jus patronato laicale in onore del suo “speciale avvocato” Sant’Antonio Abbate, dotandolo con alcuni “corpi stabili” scelti tra i suoi beni posti nel territorio di Policastro. Le tele nella chiesa di Santa Maria Maggiore sono in numero di quattro. In una è raffigurata S. Antonio da Padova con un fanciullo inginocchiato, datato 1844 e commissionato da “D. Marianna Berardi”. Il santo ha nelle mani un libro su cui aleggia la fiammella dello Spirito Santo. È colto nell’atto di insegnare ad un discente.
Vi è poi una statua che rappresenta un Cristo redentore in cartapesta. Un sigillo di consacrazione in bronzo reca la data del 1901. Un’acquasantiera ovale in marmo verde è murata a destra. Un elemento interessante è rappresentato da un piccolo portale sagomato ad angoli smussati di gusto tardo barocco in pietra giallo-crema architravato, che dà accesso alla sacrestia a destra della navata.
Attualmente la chiesa di Santa Maria Maggiore di Petilia Policastro detta “da Marenna” dai paesani, è distinta da questi ultimi come la parrocchia “du Castiaddru” (castello), rispetto all’altra della “ghiazza” (piazza) sotto il titolo di San Nicola Pontefice.